Poichilia è una parola greca che significa varietà, multiformità. Essa esprime la bellezza di quel che è composito, variegato. Ma poichilia significa pure complessità, ambiguità, disordine. Perché essere in tanti, essere diversi, è una ricchezza e insieme una sfida; è una possibilità e pure un rischio, un disagio. Poichilia è insomma una parola per il nostro tempo, per la nostra condizione. Un tempo di molti mondi vitali, di molti linguaggi, di molte culture. Una condizione, quella della pandemia e del suo ‘dopo’, in cui l’emergenza ha fatto venire alla luce, con prepotenza, la fatica e il conflitto della diversità, la difficoltà del dialogo, la drammaticità dell’umano, mentre ha aperto la strada a modi nuovi di intendere le relazioni: con noi stessi, con gli altri, con la Terra.
Che cosa può dirci su tutto questo la letteratura? La scrittura letteraria, lungo i secoli, ha raccontato crisi epidemiche, pestilenze, conflitti di potere e ansie della politica in epoche di contagio: fisico, morale, culturale. Ascoltare questi racconti, costruirne il ‘libro’ può forse aiutarci a capire il nostro mondo attraverso i mondi passati, ad essere responsabili di quel che viviamo grazie alla comprensione profondo del vissuto di chi ci ha preceduto e raccontandosi ci ha raccontato.