poteri e contagi nella letteratura italiana:
un'antologia

Che cos'è poichilia?

Poichilia è una parola greca che significa varietà, multiformità. Essa esprime la bellezza di quel che è composito, variegato. Ma poichilia significa pure complessità, ambiguità, disordine. Perché essere in tanti, essere diversi, è una ricchezza e insieme una sfida; è una possibilità e pure un rischio, un disagio. Poichilia è insomma una parola per il nostro tempo, per la nostra condizione. Un tempo di molti mondi vitali, di molti linguaggi, di molte culture. Una condizione, quella della pandemia e del suo ‘dopo’, in cui l’emergenza ha fatto venire alla luce, con prepotenza, la fatica e il conflitto della diversità, la difficoltà del dialogo, la drammaticità dell’umano, mentre ha aperto la strada a modi nuovi di intendere le relazioni: con noi stessi, con gli altri, con la Terra.

Che cosa può dirci su tutto questo la letteratura? La scrittura letteraria, lungo i secoli, ha raccontato crisi epidemiche, pestilenze, conflitti di potere e ansie della politica in epoche di contagio: fisico, morale, culturale. Ascoltare questi racconti, costruirne il ‘libro’ può forse aiutarci a capire il nostro mondo attraverso i mondi passati, ad essere responsabili di quel che viviamo grazie alla comprensione profondo del vissuto di chi ci ha preceduto e raccontandosi ci ha raccontato.
Dante ALighieri
Divina Commedia
Gli ospedali maleodoranti dell’Italia duecentesca e una pestilenza mitica già evocata da Ovidio: ecco i due termini di paragone che, nella Commedia, inquadrano la condizione dei falsari, l’ultima categoria dei fraudolenti di Malebolge (Inferno XXIX).

A cura di Sergio Cristaldi
Francesco Petrarca
I Trionfi
La peste che nel 1348 aveva sconvolto il mondo resta associata, in Petrarca, alla morte della sua donna; e quella morte si riverbera sul flagello omicida, smussandone il veleno. Lo possiamo constatare nei Trionfi, in particolare nel terzo di essi, il Trionfo della Morte (Triumphus Mortis, I).

A cura di Sergio Cristaldi
Giovanni Boccaccio
Decameron
L’introduzione alla prima giornata si apre con la celebre descrizione della peste del 1348. La descrizione include anche una lezione morale: muove dall’immagine di disfacimento fisico ed etico-sociale. Risultano annientati ogni norma del vivere civile e sembra trionfare il più cieco egoismo.

A cura di Sebastiano Italia
Giovan Guglielmo Bonincontro
Lettera sulla peste del 1575
La lettera di Bonincontro a Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fu scritta durante l’epidemia che colpì la Sicilia nel 1575. L'autore commenta sarcasticamente le reazioni dei notabili palermitani e delle autorità politiche ed ecclesiastiche di fronte al dilagare del flagellum Dei, consegnandoci il ritratto grottesco di una classe dirigente incapace di farsi carico delle esigenze della comunità.

A cura di Agnese Amaduri
Alessandro Manzoni
I promessi sposi

All’interno del capolavoro manzoniano la peste ha una funzione centrale. Nell’analisi dell’espandersi del morbo si incontrano e si confrontano, infatti, la fede e la ragione, la cultura illuministica e il cristianesimo dilemmatico e sofferto dell’autore. La peste si offre quale terreno di prova del tentativo manzoniano di tenere insieme razionalismo illuministico e fede nella grazia divina.

A cura di Agnese Amaduri
Giovanni Verga
Quelli del Colèra

In Quelli del colèra Verga racconta attraverso la prospettiva di un narratore popolare la vicenda di due villaggi siciliani investiti dall’epidemia di colera che colpì il Regno delle Due Sicilie nel 1837. Il colera opera come la peste manzoniana, mietendo poveri e ricchi; tuttavia, a differenza che in Manzoni, manca una voce ‘dirimente’ che dia un senso alle ragioni dell’esplodere della follia collettiva.

A cura di Antonio Di Silvestro
Giovanni Verga
Malaria
La novella verghiana, che segue scrupolosamente le acquisizioni della scienza medica del tempo, si apre con la personificazione della malaria e si chiude ai bordi delle strade ferrate. In Malaria si ritrovano condensati straordinariamente gli echi del dibattito scientifico e soprattutto di quello politico dell’epoca, ai quali Verga non era affatto insensibile, trasfigurati dalla sua genialità scrittoria.

A cura di Laura Lupo
Giovanni Verga
Mastro-don Gesualdo
Nel secondo romanzo dei Vinti a essere rappresentato è il colera del 1837, come nella novella Quelli del colèra. Ma mentre in quest’ultima ad avere maggiore spazio narrativo erano l’infuriare della folla e il complesso di superstizioni che la inducevano ad azioni efferate contro i capocomici e la famiglia di zingari, qui si dà maggiore spazio allo stravolgimento individuale, alle metamorfosi fisiche che divengono trasformazioni interiori.

A cura di Antonio Di Silvestro
Edmondo De Amicis
L'esercito italiano durante il colèra del 1867
Il racconto di De Amicis si fa ancora oggi apprezzare per la moderazione di toni con cui l'autore presenta l’abnegazione dimostrata dai soldati nel prestare soccorso in situazioni che li espongono personalmente al contagio, sulla scorta di un senso generale di solidarietà semplice e schietta.

A cura di Giuseppe Traina
Luigi Pirandello
La Mosca
Il più familiare degli insetti, una mosca, stravolge gli auspici dei cugini Neli e Giurlanno, che avevano progettato di sposarsi nello stesso giorno, fantasticando una vita  nella quale tutto sarebbe andato «a regola d'arte». La mosca conquista espressionisticamente il primo piano, diventando una presenza sinistra nel suo ruolo di strumento di morte.

A cura di Milena Giuffrida
Luigi Pirandello
Soffio
Il protagonista della novella Soffio, che risente dell'influenza del modernismo internazionale, non riesce ad affrontare in maniera pienamente razionale gli effetti del suo particolare 'potere', interpretandolo ora come follia, ora come allucinazione, identificandosi infine con l’epidemia stessa e perdendo la capacità di riconoscere persino se stesso.

A cura di Milena Giuffrida
Carlo Emilio Gadda
Eros e Priapo
Pubblicato nel 1967, Eros e Priapo è in realtà composto tra il 1944 e il 1946. Per molto tempo è stato definito un pamphlet antimussoliniano. L'obiettivo di Gadda non è però criticare il regime, bensì utilizzare il ventennio come esempio di cosa può accadere agli esseri umani quando le naturali pulsioni non vengono arginate dalla ragione.

A cura di Milena Giuffrida
Gianni Celati
Verso la foce
Verso la foce include quattro diari di viaggio nati dalla partecipazione a un lavoro fotografico di gruppo sul paesaggio italiano promosso da Luigi Ghirri. 
Il brano scelto, tratto dal diario che apre il volume, intreccia l'esplorazione narrativa del quotidiano con il resoconto della reazione collettiva all'incidente nucleare di Černobyl' .

A cura di Massimo Schilirò