Il Decameron, il cui titolo allude alle dieci giornate in cui vengono raccontate le cento novelle, completa, insieme alla Commedia di Dante e al Canzoniere di Petrarca, la stagione fondativa della letteratura italiana. Si tratta di tre opere canoniche in un senso profondo e storicamente irripetibile: esse costituiscono gli archetipi di tre fondamentali modi che il discorso letterario assume nella modernità. Nelle letterature moderne, infatti, la narrazione di ampio respiro, impegnativa per la mole, per l’esemplarità del protagonista e delle vicende da lui vissute, prende avvio dal modello della Commedia dantesca, così come la poesia lirica intesa come sistematica analisi dei moti dell’anima, con l’amore al primo posto, prende le mosse dal modello del Canzoniere petrarchesco. A questa stagione fondativa Boccaccio contribuisce in due modi, grazie alla struttura peculiare del Decameron: da una parte egli con le sue novelle offre l’esempio di una narrazione breve duttile, poliedrica e capace di adattarsi alle più svariate esigenze (dal realismo quotidiano al fantastico, dall’elegiaco al comico) grazie alla concentrazione dell’intreccio e allo spessore del carattere dei personaggi; dall’altra, grazie all’espediente della cornice, l’autore fornisce l’esempio di un’architettura globale che non sacrifica l’attenzione verso i singoli casi particolari (narrati nelle singole novelle) ma anzi la porta a un livello più alto di significazione universale.
Le cento novelle del Decameron sono incorniciate in una storia portante che le situa in un tempo e in un luogo precisi: Firenze, nel 1348, al tempo della «mortifera pestilenza». La storia narrata nella cornice ha come protagonisti dieci giovani fiorentini di nobile origine, i quali reagiscono alla morte fisica e morale seminata dalla peste fuggendo dalla città, piagata nel corpo e nello spirito dalla pestilenza, e rifugiandosi nel contado. Qui nel «giardino», un ambiente confortevole legato al raffinato «palagio» (una ricca residenza di campagna, Introduzione § 91) in cui soggiornano, i dieci giovani dell’«onesta brigata» si riuniscono per raccontare e ascoltare storie, le cento novelle o, come scrive Boccaccio con un solo, fulminante verbo, per «ragionare» insieme (Introduzione I §1). «Ragionamento», e il verbo da cui deriva «ragionare», indica sinteticamente azioni diverse ma simbolicamente unite: narrare, ascoltare, commentare. Ragionare è dunque compiere tutte e tre queste azioni, le quali sono inseparabili perché accomunate dalla misura umana della ragione, il cui esercizio si compie in ciascuna di esse (narrare, ascoltare, commentare). Il «giardino», che è lo spazio fisico e ideale in cui la brigata racconta e ascolta le novelle, non è natura selvaggia, ma uno spazio curato sapientemente dalla mano dell’uomo per offrire frutti e piacevole ristoro. Tra «palagio» e «giardino», i giovani novellatori conducono per due settimane un’esistenza di normale ristoro e sollazzo per dei membri della classe sociale più ricca come loro sono, ma eccezionale date le circostanze: si prendono cura del corpo e della mente durante il tempo tragico della pestilenza. Corpo e mente si risollevano grazie soprattutto all’aiuto della parola letteraria. I dieci giovani infatti, per decisione comune, ogni giorno dal lunedì al venerdì raccontano a turno una novella ciascuno, sotto il reggimento di un re o di una regina di giornata.
Il Decameron è un’opera innovativa e allo stesso tempo radicata nella tradizione letteraria precedente. Come tutti i capolavori, esso segna l’inizio di una nuova stagione letteraria e contemporaneamente rappresenta il frutto più maturo di una lunga storia precedente. Uno degli elementi di maggiore novità è senza dubbio la cornice: è la porzione di testo che si trova all’inizio e alla fine del libro, prima e dopo le cento novelle, ma anche all’inizio e alla fine di ciascuna giornata e prima e dopo ciascuna novella, quando i giovani discutono il tema della giornata o la storia appena raccontata. La cornice è uno spazio testuale sfaccettato che svolge diverse funzioni: tiene insieme le cento novelle (da qui viene appunto la definizione di cornice come perimetro/contenitore delle singole storie raccontate nel Decameron); contiene la storia originale dell’«onesta brigata», il gruppo dei dieci giovani narratori delle novelle; funge da collante tra una giornata e l’altra e tra una novella e l’altra, offrendo particolari della vita in contado dell’«onesta brigata»; contiene i commenti e le riflessioni dei novellatori sulle storie raccontate; contiene un’introduzione all’opera dell’autore in prima persona. È in quest’ultimo livello che i due piani della finzione, quella dei giovani dell’«onesta brigata» e quella dei giovani come novellatori a loro volta, si ricongiungono con la storia della civiltà italiana e fiorentina del XIV secolo. I primi 48 paragrafi della cornice costituiscono infatti una Introduzione dell’autore all’intero Decameron. È qui che la peste fa la propria drammatica apparizione, affermandosi come il vero protagonista dell’Introduzione.